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Quattro bellissimi giorni! - Ampliato!
Diario di bordo - Don Quichotte
Diario di bordo - Don Quichotte – 23-27 luglio 2013
Equipaggio: Marco e Laura
Zona: Quarnaro

Giorno 1 – martedì 23 luglio
Partiamo da casa alle 6, per essere a Punat, sull’isola di Veglia (krk) entro mezzogiorno.
Il viaggio è tranquillo, la strada scorre veloce fino al confine. Arrivando a Trieste subito notiamo il cambio di vegetazione, che ci fa pensare al Mediterraneo, quello fatto di macchia e profumi, di colori pastello e frinire di cicale. Attraversiamo in un soffio la Slovenia e ci troviamo in Croazia. L’autostrada è pressochè deserta e, superata Fiume, passiamo il ponte che collega l’isola di Veglia alla terraferma. Punat si trova all’estremità occidentale, verso il mare aperto.
Lì troviamo mio fratello che ci aspetta, con l’equipaggio che lo ha accompagnato fino a lì e, sbrigate le formalità in capitaneria, ci diamo il cambio.
Laura sistema i nostri bagagli e la cambusa, mentre io preparo la barca a riprendere il mare. L’acqua del porto è già azzurra, pulita e trasparente. Se penso che a sole 70 miglia a occidente c’è la costa italiana con le sue acque lagunari… E’ caldo, il sole è al suo apice, ma noi vogliamo partire.
Don Quichotte è percorsa da un brivido quando accendo il motore. E io con lei.
Mollo gli ormeggi, mentre Laura, al timone, porta la barca verso l’uscita dell’ampio fiordo in cui è racchiuso il marina. Sono già stato qui, nel 2010: era l’inizio della primavera e il freddo pungente non mi aveva permesso di godere appieno della bellezza di questa terra. Decidiamo di fare una prima tappa breve, fino ad una piccola baia a nord di Lopar, sull’isola di Arbe (Rab), a circa dieci miglia a sud. E’ la prima volta che Laura vede questa zona della Croazia e non voglia che sia delusa. In questa stessa baia, quando venni la prima volta, ci demmo appuntamento con le altre barche della flottiglia, dopo che un improvviso colpo di Neverin a più di cinquanta nodi, durato tre ore, ci aveva fatto prendere rotte diverse. Ora siamo soli e le sensazioni sono molto diverse.

Gli scogli si aprono per rivelare un piccolo gioiello, una baia dalle acque smeraldo, contornata da una pineta odorosa e incoronata da scoglie bianchi. Gettata l’ancora, mettiamo in acqua il tender e esploriamo questo anfratto. L’acqua è fredda, ma è bellissima e non rinunciamo al primo bagno.
Di nuovo a bordo di Donqui, siamo indecisi su dove andare e alla fine decidiamo di fare altre dodici miglia e di entrare in città, ad Arbe. L’ultima volta che vidi le sue mura a picco sul mare, si stagliavano grigie su un cielo plumbeo. Ora è il sole del tramonto a delinearne i contorni, creando futuristi giochi di luce.


 
 
Atterriamo al marina e ci prepariamo a visitare questo borgo, dove la storia si può scorrere tra le vie e sulle facciate dei palazzi, quasi fosse un libro aperto. Nelle vie lastricate di pietra bianca, cerchiamo un ristorante e decidiamo di seguire le indicazioni di TripAdvisor: il Labirinth è proprio in centro, in una delle calli laterali. Ottima cena, soprattutto il dolce – gelato alla vaniglia con fichi caramellati caldi – ma prezzo “italiano”, decisamente superiore alla media del Quarnaro.
Passeggiamo per un’oretta tra le vie, dove c’è profumo di pane nonostante sia già buio, e la piazza antistante il porto, sovrastata dai ruderi della torre medioevale, è un colorato e affollato mercatino dell’artigianato locale e di chincaglierie di dubbio gusto.
Ci ritiriamo in cuccetta, soddisfatti di questo primo pomeriggio di navigazione.



Miglia percorse: 25 - Ore motore 4,5

Giorno 2 -mercoledì 24 luglio
Mi sveglio molto presto, come consuetudine, e vado alla ricerca di un panificio. Tra le vie quasi deserte, incrocio altri naviganti alla ricerca di un panificio e alcuni commercianti che stanno avviando la propria attività. Trovo il Pekarna, il forno, che avevo individuato la sera prima e acquisto la colazione e il pane, un prodotto che in Croazia ho sempre amato, anche, o forse proprio per questo, se la sua gommosità lo rende particolare. Dopo aver bevuto insieme a Laura il caffè, stabiliamo di portarci in direzione di Lussino, in una baia nel sud di Cherso, Meli, dove ho visto sulla carta c’è un ancoraggio sicuro. La navigazione, purtroppo quasi tutta a motore per totale assenza di vento, è molto tranquilla e solo il sole ci tiene compagnia. Quando arriviamo in vista della costa, constato con dispiacere che alcune barche hanno già dato fondo, ma l’acqua è talmente bella e cristallina e la baia ampia che comunque decidiamo di dare fondo.


 
Scendiamo a terra, in una piccola spiaggetta, e ci troviamo su un meraviglioso fondale di sabbia. Trascorriamo due ore qui a fare il bagno e rilassarci, prima di tornare a bordo per mangiare. Qui anche un pomodoro poco maturo acquista un sapore speciale, grazie al luogo straordinario e soprattutto alla compagnia.
Invece che andare a Lussino, come avevo programmato inizialmente, decidiamo di puntare più a sud e metto la prua verso Ilovik e così, dopo aver scapolato la punta meridionale dell’isola di Lussino, entriamo dunque nel canale tra Asinello e San Pietro ai Nembi. Sono più di vent’anni che non passo di qua, ma come vedo i ruderi dell’antico monastero/fortezza, da cui spunta una florida palma ed una coloratissima bouganville, mi torna alla mente quel mio primo viaggio in Croazia. Anziché ai gavitelli, decido di ormeggiare a pontile in cemento, dove vengo accolto da un marinaio che passa a Laura la trappa. Il paese ci accoglie con le sue basse case di pescatori, circondate da bellissime piante fiorite e permeate dal profumo di lavanda, che qui viene coltivata.


 
Decidiamo di fare la passeggiata che porta alle spiagge meridionali, circa due chilometri, dove abbiamo letto esserci una sabbia caraibica. Camminiamo sotto un sole rovente, nonostante siano già le cinque di sera, tra ulivi e macchia mediterranea, e facciamo l’incontro con una specie locale di ragno, di cui alcuni esemplari sono grossi come il mio pollice. La spiaggia è invasa da montagne di poseidonia e da italiani (s)costumati, ma l’acqua è in effetti bella, sebbene meno di quella della baia che abbiamo visitato a Cherso.

 
Alla sera, rientrati in paese, facciamo il giro delle varie Konoba e decidiamo di fermarci a mangiare da “Panino”: ottima la grigliata di carne, con contorno di biete e patate, patate fritte e djuvek, il riso con le verdure tipico di questa zona. Facciamo una passeggiata e ci fermiamo a bere qualcosa sul muretto antistante un piccolo pub, un vecchio mulino ristrutturato, dove c’è la wi-fi gratuita. Osserviamo i bimbi giocare con poche cose semplici e il pensiero va alla nostra piccola, a casa con i nonni.

Miglia percorse: 25 - Ore motore 4

Giorno 3 – giovedì 25 luglio
La notte passa serena e io mi sveglio all’alba per la mia consueta passeggiata. Decido di tornare alla spiaggia del giorno prima, percorrendo un altro sentiero. Lungo il percorso, ancora più bello alle prime ore del mattino, mi trovo però più volte la strada sbarrata da ragnatele spesse più di un capello, il cui proprietario è un vero incubo per un aracnofobico come me. Armato di bastone mi faccio strada come fosse un machete e riesco a fare il giro completo. Tornato in paese, torno da “Panino”, che di giorno è un pekarna, e mi rifornisco di pane e strudel alle ciliegie. Un peschereccio si ferma in testa al pontile: io e Laura andiamo a vedere la bellissima mercanzia: pesce freschissimo, ancora vivo, scampi, calamari e gran seole! Avessimo avuto più tempo, avremmo preso qualcosa, ma visto che avevamo a disposizione solo pochi giorni, abbiamo deciso di continuare a non cucinare a bordo!
Alle 9 si fa prua su Sansego (Susak), la più occidentale delle isole del Quarnaro, dove vogliamo fermarci per fare il bagno, attratti dalle sue spiagge sabbiose, e esplorare l’abitato.


 
In navigazione un pescatore, dalla sua barchetta, ci mostra un bel pesce sollevandolo sopra la testa e noi rifiutiamo gentilmente l’offerta, seppur con dispiacere, ma ci godiamo questi momenti di mare vero. Nella foschia del mattino appare solo un piccolo cono che si solleva in lontanza sulle acque ed è lì che puntiamo. Man mano che ci avviciniamo possiamo distinguere sempre meglio i contorni dell’isola, che ci si presenta con la sua alta scogliera meridionale, a picco sul mare. Poi, girata la punta sud orientale, ci appare l’ampia baia a mezzaluna, dove ci addentriamo per gettare l’ancora in un punto riparato. Con il tender scendiamo a terra e ci godiamo sabbia e fondali, prima di avventurarci verso l’abitato. Il paese si presenta inizialmente con le sue strade in sabbia battuta, con qualche konoba e l’ufficio postale, per poi rivelarsi un piccolo borgo in stile tipicamente istro/greco.
L’atmosfera è rilassata, ma il caldo è davvero infernale e ci rifugiamo in ogni anfratto d’ombra, prima di decidere di tornare alla barca per mangiare qualcosa. Per la prima volta rinunciamo al pozzetto e ci rifugiamo sottocoperta, dove troviamo un po’ di fresco.
Decidiamo di andare a nord e di dirigerci verso Unije: finalmente Eolo ci è benevolo e ci facciamo portare dal vento fino all’imbocco tra la punta meridionale dell’isola e Vele Skrane. Riesco finalmente ad armare anche il gennaker ed è un vero godimento vederlo gonfiarsi al vento nei suoi colori giallo e blu. Punto che decisione alla baia di Maracol, che vedo già affollata di alberi. Nonostante sia presto, quasi tutti i cinquanta gavitelli sono presi e riesco ad ormeggiare ad uno forse un po’ troppo vicino agli scogli. Il meteo però è più che favorevole e quindi ci ormeggiamo senza ansie. Ci concediamo un bel bagno rilassante in acque cristalline e una doccia calda, prima di affrontare la passeggiata che porta al paese, dall’altra parte dell’isola.


 
Il sentiero è piacevole, circa 1700 metri di cammino, e permette di apprezzare il paesaggio straordinario dell’isola e del Quarnaro.
Tra le varie konobe, tre in tutto, scegliamo l’agriturimo. E’ curato e la ragazza che ci accoglie è gentile. La cena risponde pienamente alle aspettative: tagliatelle fatte in casa con le verdure, calamari grigliati, riso e verdure varie (patate fritte, biete e patate, djuvek): ottimo rapporto qualità/prezzo.
Allunghiamo il percorso di rientro, esplorando le ripide vie del paese ed entriamo nel piccolo konzum dell’isola, dove acquistiamo una bella fetta di cocomero. La baia di Maracol, al buio, è ancora più bella che di giorno: le acque nere sono costellate dalle luci di fonda, mentre il cielo stellato offre la sua vista più bella. Affascinante anche Ci sediamo in pozzetto a goderci questa serata, mangiando il cocomero e bevendo slivovitz, e gustandoci le sempre comiche peregrinazioni degli equipaggi che, di ritorno dal paese, cercano con la torcia la barca nel buio, accalcati nel tender. Sdraiati in pozzetto, guardiamo le stelle e non potrebbe essere più bello di così.
Miglia percorse: 20 – Ore motore 2



Giorno 4 – venerdì 26 luglio
Niente passeggiata in paese oggi! Ci aspetta l’ultima breve navigazione verso Lussino. E’ presto e cerchiamo un luogo dove fare un ultimo bagno. Dopo aver esplorato un paio di baiette, decidiamo di fermarci tra una isoletta ed la costa di Lussino, su un fondale sabbioso che rende l’acqua da sogno. Posizione 44° 35` 11"N -14° 22` 12"


 
Qui arrivano presto alcuni gommonari e alcuni motoschifini, attratti certamente dall’azzurro dell’acqua e si fermano dando ancora vicino a noi. All’inzio è una presenza discreta, ma poi il loro via vai a motore diventa fastidioso e decidiamo di lasciare questo piccolo angolo “contaminato” per dirigerci nel capoluogo dell’isola.
Siamo già stati in questa cittadina tipicamente veneziana, ma è sempre un piacere entrare nella profonda insenatura che accoglie le barche che qui arrivano Ci dirigiamo al porto quindi immediatamente, dove dobbiamo lasciare la barca per una settimana. Da sola.
Dopo aver atteso a lungo il capitano del porto, Denis, ci dice che non possiamo lasciare lì la barca, ma che dobbiamo portarla al marina. Il nostro sconforto deve essere evidente, perché, impietosito, dopo poco ci dice che può fare una eccezione. Si dimostra una persona molto cordiale e disponibile e dopo una breve discussione, concordiamo anche il vantaggiosissimo prezzo. Più rilassati, decidiamo di noleggiare un motorino e di cercare un luogo dove fare il nostro ultimo bagno croato per quest’anno. Dopo aver girato un po’, respinti da frotte di turisti spiaggiati, troviamo una caletta che sembra fare al caso nostro, dove ci fermiamo sugli scogli per l’ultima nuotata. L’acqua è bella, ma non certo come nei giorni precedenti, ma comunque è una sosta piacevole.
Tornati alla barca, apprezzo il fatto di essere ormeggiato praticamente in piazza. Per la cena, memori della passata negativa esperienza in un ristorante del luogo, ci affidiamo nuovamente a TripAdvisor e ci fermiamo a Losinjsko idro, ristorante a metà circa della salita che dalla piazza sale sulla destra: prendiamo una grigliata di pesce ed una frittura, contorni vari e djuvek. All’ombra di una straordinaria bouganvillea, mangiamo divinamente e spendiamo il giusto. Ultima passeggiata alla ricerca di un regalo da portare alla bimba e via in barca

 
Ora apprezzo meno la vicinanza alla piazza: il locale di fronte alla barca suona musica dal vivo fino alle tre del mattino ed un gruppetto di ubriachi decide di passare la notte proprio sulla panchina a fianco al pontile. Alle cinque e mezza poi ci dobbiamo alzare per pulire la barca e prepararla alla sosta, perché alle 7 abbiamo il chek-in sul traghetto per Venezia.
Laviamo il lavabile, chiudiamo tutto ciò che si deve e prendiamo i nostri bagagli. Prima di partire decido di dare una bella ramazzata al ponte con l’acqua dolce e finisco con il fare la doccia anche ai motoschifari della barca a fianco, che il giorno prima avevano osato saltare su Donqui senza nessun riguardo.
Comunque lasciamo malvolentieri la nostra compagna e ci dirigiamo verso il pontile dei traghetti, dove ci imbarchiamo per Venezia.
Viaggio breve, ma freddo a causa di un’aria condizionata eccessiva. All’arrivo siamo stanchi, ma felici perché è venuta a prenderci anche la nostra bimba, che ci accoglie con il più bello degli abbracci.


 
 
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