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DETTAGLIO NEWS
 
13/12/2012 23:13:53 - Benvenuti a bordo della nostra casa
 
Queste storie mi hanno sempre affascinato, forse perchè anch'io ho un sogno e una speranza di realizzarlo presto, come hanno fatto loro.

Ecco di cosa si tratta:



Scegli: o me o la barca. I velisti più incalliti, almeno una volta nella vita, si sono trovati sbattuto in faccia questo epico dilemma. Roberto Gaziello ha risolto il problema andando a vivere in barca con la sua compagna Nok, conosciuta durante un viaggio in Thailandia. Ma il bello deve ancora venire: la loro casa, un Arcadia Petit Prince in acciaio di 12 metri e 73 centimetri, se la sono costruita da soli.

Questa è una storia di straordinaria passione. Il marinaio dalle mani d'oro e la sua fedele compagna orientale. Sembrerebbe una situazione da fumetto di Hugo Pratt, ma è tutto vero: Roberto, elettricista sanremese di 56 anni, è riuscito a coronare il sogno della sua vita, dopo anni di sacrificio e abnegazione. Con Nok (38 anni) sempre accanto. "Il mare mi ha sempre affascinato - racconta Gaziello - fin dalle elementari. Nella mia vita sono stato marinaio, armatore di barche per l'estrazione della sabbia, elettricista in Libia e ora porto avanti con la mia socia Stefania Calteri un'azienda, la Marine Electric, che si occupa dell'installazione e della manutenzione di parti elettriche per imbarcazioni da diporto". L'idea di costruire da sé la propria barca frullava nella testa di Roberto da tempo, ma per via del lavoro e della vita coniugale (è stato sposato una prima volta e ha un figlio di di 25 anni) il progetto era stato accantonato. Poi è arrivata Nok. "Quando ci siamo incontrati e innamorati in Thailandia, 17 anni fa, le ho subito svelato le mie intenzioni. Se fosse venuta con me in Italia, le si sarebbe prospettata una vita non convenzionale: 'La moglie segue il marito', è stato il suo commento".



LA RICERCA DELLA BARCA (E DELLA FELICITÀ)
In Italia, inizia la spasmodica ricerca della barca a cui ispirarsi. Roberto vuole basarsi su un modello che consenta lunghe navigazioni e su cui sia facile mettere le radici. "Al Porto Vecchio di Sanremo, nella zona dei cantieri, ho visto ormeggiato un Arcadia di 13 metri e mezzo. Nonostante non mi piacessero gli scafi a spigolo, ne venni attratto a tal punto da chiedere ai due ragazzi che stavano a bordo, Giovanni e Giovanna, di farmi vedere il progetto della barca. La loro disponibilità ha fatto sì che diventassimo buoni amici e ho avuto l'occasione di navigare con loro da Sanremo a Villefranche, imparando a conoscere la barca. Ho copiato i disegni, ma non ero soddisfatto, così ho deciso di recarmi direttamente dall'architetto che aveva ideato il modello". Il designer, Philippe Subrero, sta a Biot, nell'entroterra di Antibes: "Mi disse che secondo lui il 13,50 metri, progettato dal padre, era ormai superato. Mi indirizzò sul Petit Prince, più corto di 80 centimetri: anche quello era frutto della matita paterna, ma Subrero jr lo aveva ottimizzato al computer, vendendone molteplici esemplari". L'architetto francese propone a Roberto un panel di soluzioni: "Mi fece vedere i disegni e mi raccontò che esistevano diverse versioni della barca: a uno o due alberi, in acciaio o in alluminio, con la deriva fissa o mobile e con differenti sistemazioni di interni e di coperta". Dopo una lunga pausa di riflessione, Gaziello si decide: "La volevo con un solo albero, armata a cutter, in acciaio e con la deriva mobile, che mi avrebbe consentito di navigare anche in zone dal fondale basso come fiumi e canali. D'accordo con Subrero feci modificare la tuga che in origine finiva prima dell'albero, guadagnando spazio sottocoperta". E decide anche di volerla costruire a Sanremo. Inizialmente contatta alcuni saldatori perché lo aiutino nelle fasi iniziali, ma non se ne fa niente perché o chiedono troppo o vogliono aiutarlo a tempo perso. Roberto si ricorda del proverbio che gli ripeteva sua madre, "aiutati che il ciel ti aiuta", e sente crescere dentro di sé la voglia di fare tutto da solo.







I SETTE ANNI PIÙ BELLI
Individuati alcuni spazi in campagna in cui iniziare i lavori, Roberto li chiede in affitto ai proprietari, collezionando un'avvilente serie di rifiuti: "Sapevo che mi avrebbero preso per matto, provate a chiedere a un contadino ligure di poter costruire una barca sul suo terreno, seppur inutilizzato!". È il Natale del 1997. La data chiave, in cui le vite di Roberto e Nok subiscono una svolta radicale: "Lo spazio per la costruzione della barca era situato in un luogo strategico: ai bordi della statale, tra Coldirodi, dove abitavamo, e Sanremo, il mio luogo di lavoro. Era tutto pronto: avevamo entusiasmo da vendere, anche se la paura di non riuscire a dare vita al progetto si faceva sentire. Nelle campagne d'Italia si trovano ancora oggi barche semicostruite e abbandonate. Per fortuna non è andata così. Sono stati i sette anni più belli della mia vita (la barca è stata varata nel 2004 con il nome di "Nok", ndr)". Assieme al cugino Marcello, che fa il carpentiere, Roberto prepara il cantiere, allestendo il basamento per la costruzione, poi compra il ferro per realizzare le ordinate. Inizia l'avventura. Nok, che nel frattempo si era trovata un lavoro, abbandona l'attività per aiutare il compagno: "Siamo partiti e non ci siamo più fermati: tutti i sabati e le domeniche, tutte le feste, le sere d'estate: ogni minuto libero era dedicato alla realizzazione della barca. Intanto, i finti amici si eclissavano. Questo Arcadia è praticamente solo frutto del lavoro mio e di mia moglie (con alcuni amici ha sistemato le pesanti lamiere vicino alla deriva, ndr). Mi ricordo le sere in cui andavamo al 'cantiere', tagliavamo una sesta di compensato, se avevo tempo sezionavo la lamiera e così via, giorno dopo giorno, fino ad arrivare alla saldatura dello scafo".


Da buon elettricista, Roberto sa mettere le mani dappertutto, e saldare non è un problema. Il lavoro prosegue frenetico: "Ero un leone, niente poteva fermarmi: la struttura cominciava a prendere forma, mi sentivo una sorta di demiurgo in grado di plasmare una creatura dal nulla. Sono anche caduto, picchiando la testa contro una delle ordinate e svenendo, ma per dissuadermi ci voleva ben altro". Con le energie centuplicate dall'entusiasmo, la creazione della zavorra, mediante la fusione di quattro tonnellate di piombo, diventa uno scherzo: "Anche questa operazione l'abbiamo portata a termine da soli: tutto quello che potevamo fare senza l'aiuto di esterni, l'abbiamo fatto". Tutti i materiali di costruzione (piombo, acciaio e legno) sono stati acquistati e lavorati dalla coppia, eccezion fatta per il motore (un Nanni Diesel 70 cavalli, comprato usato), l'albero e le attrezzature di bordo: "Non ho mai calcolato quanto mi sia costata la costruzione di 'Nok', o meglio, non ho mai voluto calcolarlo. Ho il sospetto che se l'avessi affidata a un cantiere, avrei speso la stessa cifra. Ma non importa, vuoi mettere la soddisfazione?". Soddisfazione e fatica: come nel caso delle operazioni di sabbiatura dello scafo, che Roberto definisce "semplicemente estenuanti". Taglia di qui, fondi di là, nel febbraio del 2004 la barca è pronta per il varo. Per Roberto e soprattutto per Nok, che in Thailandia non aveva mai visto il mare, e che in Liguria, per sette anni, si era bagnata unicamente in una tinozza piena d'acqua vicino allo scheletro della barca per far fronte al caldo estivo, inizia una nuova vita. La coraggiosa ragazza thailandese prende lezioni di nuoto, per non farsi trovare impreparata.

Il varo a Sanremo è seguito da una moltitudine di persone, tra amici e curiosi. C'è chi è venuto per condividere il momento di gioia con Roberto e Nok, ma non solo: "Credo che tanti fossero arrivati convinti di assistere a un disastro, a un affondamento in porto. Qualcuno ha anche fatto delle scommesse. Agli occhi della gente, eravamo due alieni. Due alieni che però erano stati in grado di costruire una barca che, adagiata in acqua, galleggiava alla perfezione. È impossibile descrivere l'emozione che ho provato in quel momento. Ce l'avevo fatta". Finalmente, i due abbandonano la "vita di terra" e vanno a stabilirsi in pianta stabile a bordo del Petit Prince, a Portosole.

LA VITA IN BARCA
"Se ho costruito un Arcadia di quasi 13 metri, e non un 18 piedi australiano - spiega Roberto - è perché il mio scopo era vivere in mare, non solo divertirmi veleggiando. Inoltre, sono una persona che quando viaggia ama portarsi dietro tutto ciò di cui abbia bisogno, sarebbe impossibile mettere in valigia ogni cosa". Che la barca sia la loro residenza, lo si capisce appena si sale a bordo. All'ospite di turno, Nok offre un paio di comode pantofole, che pur non essendo il massimo per camminare in coperta, ti fanno sentire a casa. La tuga, innalzata da Gaziello nel 2009, è diventata una sorta di tendalino rigido,"comodissimo per armeggiare sulla randa, soprattutto quando vanno fissati gli zerli per i terzaroli", e luogo ideale per alloggiare fiori, frutta e l'immancabile piantina di basilico. All'interno il Petit Prince è caratterizzato da un quadrato spazioso, la zona giorno della coppia. Una cabina di poppa è stata convertita a ripostiglio, mentre nel corridoio che porta all'altra cabina poppiera fa la sua bella figura una lavatrice: "Non ci facciamo mancare niente: grazie all'utilizzo di generatori eolici e pannelli solari, a livello energetico, siamo completamente autosufficienti". Infatti all'interno sono numerosi i richiami alla vita di casa, come computer e televisione, con tanto di parabola montata sul pontile per consentire alla ragazza di vedere i programmi in thailandese. La cucina e le "cose di bordo" sono affidate a Nok, mentre il marito è al lavoro: potremmo definirla una "barcalinga", in grado di alternare piatti thai a paste al ragù da sogno. Dal 2004 i due hanno incominciato a navigare in Mediterraneo, durante le vacanze estive: Corsica, Elba, Capraia, costa spagnola e Baleari: "Credo che il porto naturale di Mahon, a Minorca, sia uno dei posti più affascinanti che abbiamo nel nostro mare". Navigazioni tranquille, nulla di troppo ardimentoso, anche se faticose perché solo nel 2009 Gaziello si è deciso a montare il pilota automatico. "Per adesso ci comportiamo da perfetti crocieristi. Siamo prudenti, non voglio traumatizzare Nok prima del dovuto".





MARINAI PRIMA DI TUTTO
Che si abbia intenzione di intraprendere lunghe navigazioni o di fare un giretto nel fine settimana, fa poca differenza. A bordo, secondo Roberto Gaziello, bisogna saper mettere le mani dappertutto: "Qualsiasi cosa si rompa in mare, tu devi essere in grado di ripararla. Non mi considero un velista, ma un marinaio che conosce il suo mezzo nei minimi particolari. Nel mio lavoro capita spesso di venire in contatto con sedicenti navigatori che, in mezzo al mare, non sarebbero capaci di cambiare neanche una lampadina. Al largo si è da soli, bisogna cavarsela contando solamente su se stessi". Proprio perché vive in barca, Roberto può contare su una nutrita selezione di attrezzi e accessori: "A parte la macchina per il taglio al plasma (che serve per sezionare le lamiere), la saldatrice e gli strumenti più ingombranti, a bordo ho tutto quanto basta per compiere riparazioni di emergenza. Insisto, e forse sono un po' troppo rigido al riguardo, ma non si può prescindere dalla capacità di farsi le proprie riparazioni. Bisogna poi essere bravi nel prevedere i cambiamnti climatici e un pizzico di fortuna non guasta mai. Per navigare non servono cose terrene, ma pelo sullo stomaco".



I PERCHÉ DI ROBERTO
Ecco un altro motivo per cui Roberto ha optato per una robusta imbarcazione di acciaio. Il grande viaggio oceanico: "Ora è prematuro, perché ho un'azienda da portare avanti e mai mi sognerei di lasciare nelle canne i miei quattro dipendenti, ma non appena riuscirò ad andare in pensione, a Sanremo non mi vedrà più nessuno". L'intenzione è quella di puntare la prua verso l'Atlantico: "Voglio arrivare a Panama e, da là, proseguire attraverso il Pacifico per far rotta verso Phuket, nella terra della mia Nok. E poi continuare. Questi per adesso sono solo discorsi, prima di viaggiare con la testa, dobbiamo partire. Ma di una cosa sono certo: ce la metterò tutta per realizzare quest'altro mio sogno, perché fallisce chi non ci prova, non chi non riesce. Magari mi prenderò una bomata in testa davanti a Bordighera o affonderò davanti alla mia costa, ma almeno potrò dire di aver tentato".





Non si sono limitati a una piccola pseudo lavatrice per barca ma a una vera. Non parlano di lavastoviglie.

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